Da Chieti a Torino la corsa verso la guerra uccide

La barbarie della guerra travolge le nostre vite. In pochi giorni si sono succeduti due eventi terribili che per quanto possano essere slegati tra loro, sono entrambi atroci conseguenze del clima di guerra che stiamo attraversando. Tre operai muoiono nell’esplosione della granata di artiglieria su cui stavano lavorando a Casalbordino, presso l’azienda Sabino Esplodenti, in provincia di Chieti. Una bambina di 5 anni muore tra le fiamme provocate dallo schianto di un aereo delle Frecce Tricolori. Viaggiava in auto con la famiglia, percorrendo una strada all’esterno dell’Aeroporto Caselle di Torino presso cui è precipitato l’aereo. Il fratello dodicenne è grave, e anche i genitori sono ustionati seppur in misura più lieve.

Molti hanno ricordato come nell’impianto produttivo della Sabino Esplodenti, già nel 2020 fossero già morti altri tre operai in un’esplosione, una strage avvenuta in circostanze non troppo diverse da quella dello scorso 13 settembre. Quello di Casalbordino è un impianto a Rischio di Incidente Rilevante secondo la normativa Seveso, che si occupa di “demilitarizzazione, recupero, trasporto, smaltimento e distruzione di esplosivi, consulenza per le bonifiche di terreni da ordigni bellici”. Organizzazioni sindacali e esponenti politici hanno denunciato come, nonostante le segnalazioni seguite alla strage del 2020, dopo la quale era stato chiuso, e per cui è sempre in corso un processo nei confronti di esponenti dell’azienda, l’impianto sia stato riaperto già nel 2021 con procedure semplificate, tanto che la Regione Abruzzo non l’ha posto sotto la procedura di VIA. Ad oggi non è ancora pubblicato alcun Piano di Emergenza Esterno come sarebbe invece imposto dalla normativa.

Se già ogni azienda normalmente fa profitti sacrificando la sicurezza dei lavoratori, la salute degli abitanti e la salvaguardia del territorio, in questo caso va considerato che la Sabino Esplodenti è un partner chiave del Ministero della Difesa per il trattamento del munizionamento militare. Stando alle dichiarazioni della stessa azienda l’esplosione sarebbe avvenuta nel corso del lavoro di munizionamento su una granata d’artiglieria, nel quadro di una commessa per l’Agenzia delle Industrie della Difesa (AID), società “in house” del Ministero della Difesa. Procedure semplificate, negligenze, mancanza di sicurezza. Cosa ci si può fare? Dopotutto le attività strategiche, soprattutto del settore militare, devono continuare a lavorare costi quello che costi, specie in tempi in cui c’è un gran bisogno di rinnovare gli arsenali. Nel documento di Relazione e Bilancio al 31 dicembre 2015 dell’AID si scrive riguardo alla “partnership tra AID ed Esplodenti Sabino S.r.l. che, insieme hanno già demilitarizzato oltre 60000 razzi M26”, che “La capacità congiunta AID/ES non ha eguali in campo europeo risultando più che doppia rispetto ad altre aziende del settore”. Una collaborazione continuata negli anni, nel 2019 infatti l’azienda ha una commissione per la demilitarizzazione di centinaia di missili anticarro MILAN. Non è chiaro al momento che tipo di lavorazione stessero svolgendo gli operai morti a Casalbordino e a quale processo produttivo fosse destinato il materiale risultante. Ma non va dimenticato che la demilitarizzazione di un proiettile è una lavorazione che spesso serve a ricavare nuova materia prima, sia dal materiale esplodente, sia dalle altre componenti del manufatto. Se quindi in questa nuova strage operaia ha certo diretta responsabilità l’azienda per quanto riguarda la sicurezza sul posto di lavoro, è la disastrosa politica di guerra degli stati a richiedere lavorazioni pericolose come questa, per rinnovare gli arsenali e produrre nuovi armamenti.

Nel terribile fatto di Caselle del 16 settembre sono certamente più evidenti i rapporti con le politiche di guerra. In questo caso è chiaro come la propaganda di guerra abbia portato la guerra stessa nelle nostre vite. Un’insensata dimostrazione di forza, inscenata per le celebrazioni del centenario dell’Aeronautica Militare, portata all’estremo fino a travolgere una intera famiglia nell’incendio seguito allo schianto dell’aereo delle Frecce Tricolori. Il centenario della forza aerea italiana è stato accompagnato da contestazioni, e il governo fascista in carica ne ha fatto un’occasione di costruzione del consenso e di propaganda guerrafondaia, con martellanti grandi eventi in tutto il paese che si susseguono da mesi. A Torino avrebbe dovuto svolgersi un grande airshow per celebrare il centenario, due giorni di delirio nazionalista, che sarebbero culminati proprio con l’esibizione delle Frecce Tricolori. Con questo tipo di spettacoli acrobatici, così come con altre esibizioni, dal paracadutismo alla tuta alare, si vuole rappresentare la guerra come uno sport estremo, mitizzando una storia costellata di stragi e bombardamenti, per giustificare le operazioni di guerra in cui tutt’ora è coinvolta l’aeronautica italiana. Alcune testate giornalistiche hanno detto che quella bambina, con la sua famiglia si è trovata nel momento sbagliato nel luogo sbagliato. Ma ci rifiutiamo di considerare la sua morte un rischio calcolato o un effetto collaterale, è conseguenza della delirante campagna di propaganda guerrafondaia che il governo porta avanti a ritmi serrati.

Le morti della scorsa settimana sono state provocate dalla corsa verso la guerra in cui il governo italiano è lanciato insieme a quelli delle principali potenze. Se in tempi di “pace” queste sono le atroci conseguenze della guerra nelle nostre vite, possiamo solo immaginare quello che può provocare una guerra aperta. Per questo è urgente rilanciare l’impegno antimilitarista e una larga opposizione alla guerra.

DA

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